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Giambattista Vico: Opere
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VII: Scritti Vari e Pagine Sparse
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III. Commemorazioni, Allocuzioni, Elogi
IV In morte di Virginia Pignatelli‐Bonito

IV In morte di Virginia Pignatelli‐Bonito

duchessa dell’Isola
(1720)

Virginia Pignatelli, napolitana, di Giovan Battista e di Lucrezia pur Pignatelli, nell’anno 1656 nacque nella famiglia de’ príncipi di Strongoli, uno de’ molti rami di quel gran ceppo che diffonde la sua chiarezza fin nell’America, per l’ampia e ricca signoria del Vaglio: retaggio che in questa casa, per lato materno, pervenne dal gran Cortese, conquistatore del nuovo mondo. Giunta appena agli anni dell’umano discernimento, fu commessa all’educazione di suor Caterina Pignatelli, sua zia, nel monistero detto di Regina Coeli dell’ordine di Sant’Agostino, e quivi fu nell’arti della pietá e del signoril costume diligentemente educata. Tosto, nella prima etá di marito, fu data in moglie a don Giulio Cesare Bonito duca dell’Isola e consigliere del re nel Consiglio detto di Santa Chiara, al quale con felice feconditá, e molto piú con saggia educazione, diede ed adornò di nobili virtudi ben otto figliuoli, cinque maschi e tre femine, in ciascuno de’ quali ella seppe inspirare una singolar gentilezza, talché questa virtú sembra loro famigliare. Le figliuole vivono ne’ chiostri, a Dio consegrate; il duca è il sostegno oggi della scuola cavalleresca; fra Filippo ha applicato l’animo agli studi cosí ameni della toscana poesia come severi della filosofia e delle matematiche, e ne coltiva stretta amicizia con don Alessandro Riccardi, avvocato [fiscale] del Consiglio d’Italia in Vienna, e con Agostino Ariani, primario professore di matematiche nella regia Universitá di Napoli. Due altri figliuoli, cioè don Luca e don Lodovico, vestito l’abito cassinense, sopra l’etá in quella religione fioriscono per le dottrine migliori della filosofia, della teologia, de’ canoni e dell’eloquenza: frutti della buona coltura

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della saggia madre, che, vedova, gli educò con quell’arte la qual sola produce alle famiglie felicitá. Nella conversazione civile dilettavasi di uomini i quali ad una grande letteratura unissero altrettanta morale virtú: onde ella fu stimata degna di essere annoverata alla nostra adunanza di Arcadia col nome di Atalanta Poliade. Tra costoro fu egli il piú frequente il padre don Benedetto Laudati, abate della congregazione cassinense, uomo per dottrina e bontá di vita chiarissimo, e ’l padre Tommaso Pagani, ornamento de’ padri dell’Oratorio, da’ quali volle anco avere gli ultimi ricordi dell’immortalitá, nel passaggio ch’ella vi fece in etá di settantaquattro anni a dí 24 febbraio l’anno 1720. La singolar pietá de’ figliuoli le fecero celebrare sul cadavero un magnificentissimo funerale nella chiesa dei Padri girolamini, ove lasciar volle la sua spoglia mortale: la qual pompa serví di stimolo agli spettatori, che in gran numero vi convennero, di rammentare con piú vivezza di dolore le grandi virtú delle quali ella aveva adorna tutta la vita. Né men sensibile riuscí una tal perdita alla mentovata ragunanza degli Arcadi, del cui cordoglio entrando noi a parte, abbiam qui proccurato di dargli qualche sfogo col mettere alla pubblica vista la seguente inscrizione sepolcrale:

Alla
saggia e valorosa donna
ATALANTA POLIADE
di antico sangue
e per pregi di dardo e di sampogna nobilissimo
nata
che a lei mentre visse
la riverenza e l’onore
di tutti coloro che la conobbero
tesserono
di rare lodi corona immortale
LAUFILO TERIO
con questa testimonianza
del comun dolore di Arcadia
sopra l’onorata urna
con mente china e casta mano
sospende

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